La società attuale si caratterizza per la cosiddetta “esteticità diffusa” o iperesteticità.
Una nuvola estetizzante sembra avvolgere qualsiasi cosa: i prodotti nel loro packaging, gli spazi domestici arredati con cura, il cibo impiattato con dovizia di particolari, i corpi sovraesposti e sempre più conformati.
La bellezza regna ovunque ma, paradossalmente, proprio questo fenomeno ha determinato una progressiva anestetizzazione collettiva, vale a dire una perdita della capacità di sentire, di contemplare, di percepire la realtà attraverso tutti i canali sensoriali.

La pervasività assillante dell’imperativo della bellezza fisica sta travalicando i confini di genere imponendosi trasversalmente: lo standard, univoco e stereotipato, è sempre più pressante e sempre più irraggiungibile.

In questo quadro di omologazione volta al mero consumo, la riflessione filosofica di Richard Shusterman è davvero preziosa. La teoria della somaestetica si fonda sulla centralità del corpo, inteso come unità psico-fisica dell’essere umano, e rifiuta qualsiasi tipo di opposizione binaria a partire da quelle classiche di mente/corpo e di forma/sostanza. L’impianto teorico che il filosofo ha dato a questa nuova disciplina è basato su una profonda rielaborazione del concetto di piacere che tiene conto innanzitutto della dimensione ludica inerente alle pratiche corporee.

L’estetica rappresentazionale (costituita dalle attività che agiscono sulla dimensione esteriore del corpo) e l’estetica esperienziale (che intervengono, cioè, sulla dimensione interiore) costituiscono per il filosofo la via estetica, ovvero un percorso che determina al contempo l’arricchimento del Sé e il miglioramento della società.

Oggi più che mai, è necessario sviluppare la capacità auto-percettiva del corpo, inteso non tanto come oggetto o come strumento ma piuttosto come sorgente attraverso cui migliorare la nostra esperienza incarnata nel mondo. La autocoscienza somatica indicata da Shusterman, infatti, non è mai alienata o avulsa dal contesto ma, al contrario, è sempre situata.

Sviluppare questa consapevolezza significa perciò tenere in gran conto non solo il proprio corpo ma anche la relazione con l’ambiente e con gli altri esseri umani.

Il Laboratorio di Estetica Pragmatista è un invito a sperimentare un nuovo approccio alla bellezza attraverso la combinazione di tutte le percezioni sensoriali.

Attingendo dal vasto repertorio del rito e del teatro, l’antropologa Cristina Cassese propone alcune semplici pratiche di stimolazione sensoriale e di rielaborazione creativa.

Lo scopo del Laboratorio di Estetica Pragmatista è riscoprire le potenzialità di tutti i canali percettivi sperimentando nuove possibili declinazioni della bellezza corporea.