consigli di lettura
Letture nomadi

Letture folgoranti del 2023

Il 2023 volge al termine e anche quest’anno ci tengo a condividere i classici consigli di lettura a proposito di “romanzi folgoranti” ovvero capaci di offrire uno sguardo sul mondo per me inedito o sorprendente.  

Le storie, in tutti i formati, hanno il grande potere di permettere il decentramento da sé, distogliendoci così dal nostro innato egocentrismo. Per Jonathan Gottshall la narrazione è un vero e proprio istinto che risponde a una necessità biologica: prendere coscienza della realtà che ci circonda e aumentare, così, le nostre possibilità di stare dentro quella realtà, di vivere e di sopravvivere. Immergersi nelle pagine di un romanzo significa aprirsi alla condivisione: è darsi la possibilità di esplorare uno spazio sospeso e unico, generato dall’incontro fra la scrittura autoriale e la nostra capacità immaginativa.

Ecco allora una carrellata delle letture nomadi che nel 2023 mi hanno portata in un altrove che nemmeno io sapevo di sapermi figurare.

La ricreazione è finita di Dario Ferrari

Tutto quello che abbiamo sempre immaginato sui privilegi e le lotte intestine al mondo universitario italiano è in queste pagine.

Con La ricreazione è finita (Sellerio, euro 16) Dario Ferrari ci regala ore di puro diletto trasportandoci in una storia che non ha precedenti. La trama intreccia due piani narrativi: il principale ha per protagonista Marcello Gori, dottorando in Lettere decisamente naïf che scopre attraverso il suo mentore, il barone Sacripanti, dell’esistenza di una misteriosa autobiografia intitolata La Fantasima. Il giovane si mette così sulle tracce di un autore pressoché sconosciuto ai più, un certo Tito Sella che tuttavia, secondo il suo relatore, merita assolutamente un approfondimento dottorale. Ed è proprio sulla storia di Sella, letterato ma anche bandito, che si incentra la seconda parte del romanzo. Arrestato per terrorismo, Sella è morto in carcere portando con sé un arcano irrisolto. Grazie a Marcello, che si scopre irrimediabilmente attratto da questo scrittore, i nodi verranno al pettine e l’enigma sarà sciolto.

La ricreazione è finita offre molti spunti di riflessione agganciandosi con maestria (e senza boria) a una quantità impressionante di riferimenti letterari. Benché la trama sia totalmente inventata, Ferrari tratteggia con franchezza e precisione sia la realtà del “medievale” mondo accademico italiano che le contraddizioni degli anni di piombo e del nostro presente. Con uno stile elegantissimo e al contempo ironico, riesce a evidenziare affinità e divergenze tra epoche e generazioni diverse. Insomma, un romanzo strepitoso: leggere per credere!

Canto della pianura di Kent Haruf

Il secondo tra i consigli di lettura è poderoso: nel senso che si tratta di tanta roba. Lo so, arrivo a Holt con grande ritardo, me ne rendo conto. Ma meglio tardi che mai, come si suol dire.

Pubblicato per la prima volta nel 1999 (in italiano solo molti anni dopo, nel 2015), Canto della pianura fa parte di una trilogia ambientata nel bel mezzo del Midwest nordamericano in una cittadina chiamata, appunto, Holt. I due romanzi che completano la saga si intitolano Crepuscolo e Benedizione.

NNEditore, 2015. Trad. di Fabio Cremonesi, euro 18.

Opera corale, la trilogia di Holt è straordinariamente ricca di emozioni contrastanti e offre una molteplicità di storie. Tra le strade polverose delle campagne e gli spazi intimi delle case, passando attraverso i tavoli dei diner e quei margini indistinti tipici della periferia, Haruf costruisce una mappa delle umane emozioni e relazioni.

C’è praticamente di tutto: violenza, sopraffazione, meschinità ma anche tanta, tantissima tenerezza. Ed è proprio quest’ultima che mi ha folgorata, e persino commossa ricordandomi che certo, sappiamo essere incredibilmente crudeli ed egoisti ma a volte, senza che ci sia un perché, emerge in noi anche la capacità di accogliere e di comprendere. E questa capacità è sorprendentemente rivelatrice.

Turbolenza di David Szalay

Personalmente, adoro viaggiare in aereo. Mi piacciono anche i treni e mi diverte moltissimo il viaggio in macchina on the road ma volare è una sensazione che mi galvanizza, letteralmente.

Pur essendo molto inquinante e per certi aspetti controproducente – è un po’ come il teletrasporto, in men che non si dica sei ovunque senza aver percepito niente di tutto quello che c’è in mezzo – ne subisco fortemente il fascino. Per me è come una magia, un fenomeno che vivo nella realtà ma che associo in buona parte alla mia immaginazione. 

Adelphi, 2019. Trad. di Anna Rusconi, euro 15.

Forse è questo il motivo per cui Turbolenza di David Szalay mi ha colpito così tanto. Si tratta di 12 racconti inanellati uno dopo l’altro, ciascuno intitolato con le due sigle degli aeroporti di partenza e di arrivo del protagonista. Szalay ci fa fare il giro del mondo, insomma, attraversando turbolenze che coincidono tanto con lo spazio celeste che con la dimensione interiore dei suoi personaggi. 

Queste 12 storie in volo sembrano carpite dall’esperienza biografica dello scrittore: nato a Montréal da mamma canadese e padre ungherese, Szalay ha vissuto con la famiglia a Beirut per trasferirsi poi a Londra e in seguito a Oxford. Lasciata l’università si è spostato a Bruxelles e oggi vive a Budapest perciò tutto fa pensare che abbia avuto molte occasioni per interrogarsi sul rapporto tra identità e spazio geografico, tra déplacement e senso delle radici.

In questo libro si realizza su carta la fantasticheria che – ne sono certa – in tante e tanti mettiamo in atto quando siamo in viaggio e osserviamo le persone intorno a noi chiedendoci da dove vengono, dove vanno, da chi vanno, cosa desiderano, cosa nascondono…

Blackwater di Micheal McDowell

Dopo aver letto (anzi divorato) la saga di Blackwater non ho potuto fare a meno di chiedermi:  ma come è possibile che per decenni quest’opera esisteva e noi non ne abbiamo saputo niente? Eppure il suo autore non era esattamente un perfetto sconosciuto di cui il mondo ignorava l’esistenza, tutt’altro. Scrittore ma soprattutto sceneggiatore per il cinema e per la TV, Michael McDowell ha goduto della profonda ammirazione di star letterarie del calibro di Stephen King, per intenderci. Tuttavia la sua saga in sei volumi emerge soltanto ora sugli scaffali delle librerie, a quarant’anni dalla prima pubblicazione e a venticinque dalla sua scomparsa.

BEAT, 2023. Trad. di Elena Cantoni. Cofanetto dell’intera saga euro 49,90; volume singolo euro 9,90.

Al centro della narrazione c’è la famiglia Caskey che domina la cittadina di Perdido, in Alabama. Il primo romanzo, che si intitola La piena, apre la saga con l’incontro tra il rampollo di casa, il giovane Oscar, ed Elinor, una donna bellissima e misteriosa, la vera protagonista di tutta la storia. La natura di questa fanciulla, infatti, ha qualcosa di ibrido, qualcosa che evoca il mito delle sirene: in lei convivono in perfetto equilibrio istinti ancenstrali e fredda razionalità.

Nel lungo arco narrativo che si sviluppa attraverso il Novecento, passando di libro in libro e di generazione in generazione, il mistero di Elinor verrà progressivamente svelato. Non senza attimi di brivido, però, tra case infestate, metamorfosi mostruose e catastrofi ambientali. Gli elementi per la trasposizione sullo schermo ci sono tutti: saga familiare, atmosfera horror, personaggi (soprattutto femminili) dai tratti decisi e indimenticabili. Blackwater ha tutte le caratteristiche per diventare una serie TV di successo.

Scommettiamo?

Marzahn, mon amour di Katja Oskamp

La carrellata dei consigli di lettura si conclude con l’ultimo romanzo letto in ordine cronologico in questo 2023.

La bellezza è nell’incontro: ripeto questa frase come un mantra da quando è uscito il mio libro e questo romanzo me lo ha confermato ulteriormente.

L’Orma Editore, 2023. Trad. di Rachele Salerno, euro 16.

Anche in questo caso la narrativa è corale ma, a differenza della trilogia di Holt, qui la narrazione è in prima persona. A raccontarci cosa succede a Marzahn, alla periferia nord-orientale di Berlino, è una scrittrice in piena crisi di mezza età. Frustrata a causa dell’ennesimo rifiuto editoriale, decide di cambiare vita e frequenta perciò un corso per imparare a fare il pedicure curativo. Trova rapidamente lavoro in un centro estetico e da quel momento i pezzi del puzzle cominciano a incastrarsi.

Ogni capitolo porta il nome di colui o colei di cui l’autrice si è presa cura a partire dai piedi. E i piedi – il nomadismo lo sa – raccontano un sacco di storie. A volte comuni, a volte straordinarie ma in ogni caso significative se chi le rielabora è in grado di evidenziarne luci e ombre. Al cospetto della bacinella d’acqua si susseguono uomini e donne, in buona parte persone anziane: pagina dopo pagina, il salone di bellezza si trasforma in un confessionale laico dove non c’è giudizio e nemmeno conciliazione ma solo (e semplicemente) ascolto.

Infine, come scrive Caterina nella sua recensione, emerge il vero protagonista del romanzo: Marzahn, il quartiere in stile brutalista sovietico costruito ai tempi della DDR; il quartiere dei poveri, dei razzisti, delle ragazze-madri, dei disoccupati. Marzahn, il quartiere di frontiera, la periferia delle periferie che gelosamente nasconde, tra i suoi viali desolati, le storie che ogni scrittore, che ogni scrittrice vorrebbe incontrare.

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